Domanda:
Ciaoooo, non riesco a trovare la lettera dove si suicida Jacopo Ortis di Foscolo,ne ho bisogno per la tesina?
dottoredo
2008-06-10 04:41:43 UTC
Devo citare la lettera dove Ortis parla del suicidio ma non riesco a trovarla,qualcuno può aiutarmi?La mia professoressa vuole che la inserisca nella tesina
Ringrazio in anticipo
Sette risposte:
Lanc56
2008-06-10 07:09:04 UTC
Ho visitato le mie montagne , ho visitato il lago

de' cinque fonti , ho salutato per sempre le selve,

i campi , il cielo. O mie solitudini ! o rivo che mi

hai la prima volta insegnato la casa di quella fanciulla

celeste! quante volte ho sparpagliato i fiori

su le tue acque che passavano sotto le sue finestre !

quante volte ho passeggiato con Teresa per le tue

sponde , mentr' io inebriandomi della voluttà di adorarla , vuotava a gran sorsi il calice della morte !

Sacro gelso ! ti ho pure adorato ; ti ho pure lasciati

gli ultimi gemiti , e gli ultimi ringraziamenti. Mi

sono prostrato , o mia Teresa, presso a quel tronco ;

e quell' erba ha dianzi bevute le più dolci lagrime

ch' io abbia versato mai ; mi pareva ancora calda

dell' orma del tuo corpo divino ; mi pareva ancora

odorosa. Beata sera! come tu sei stampata nel mio

petto! — io stava seduto al tuo fianco, o Teresa,

e il raggio della luna penetrando fra i rami illuminava

il tuo angelico viso ! io vidi scorrere su le tue

guance una lagrima ; e la ho succhiata , e le nostre

labbra , e i nostri respiri si sono confusi , e l' anima

mia si trasfondea nel tuo petto. Era. la sera de' 13

Maggio, era giorno di giovedì. Da indi in qua non

é passato momento eh' io non mi sia confortato con

la ricordanza di quella sera : mi sono reputato persona

sacra , e non ho degnata più alcuna donna di

un guardo credendola immeritevole di me — di me

che ho sentita tutta la beatitudine di un tuo bacio.

T' amai dunque , t'amai, e t'amo ancor di un

amore che non si può concepire che da me solo.

È poco prezzo, o mio angelo , la morte per chi ha

potuto udir che tu l' ami , e sentirsi scorrere in

tutta l'anima la voluttà del tuo bacio, e piangere

teco — io sto col pie nella fossa ; eppure tu anche

in questo frangente ritorni , come solevi , davanti

a questi occhi che morendo si fissano in te , in te

che sacra risplendi di tutta la tua bellezza. E fra

poco! Tutto é apparecchiato ; la notte é già troppo

avvanzata — addio — fra poco saremo disgiunti ^..

dal nulla, o dalla incomprensibile eternità. Nel

nulla ? Sì — Si, sì ; poiché sarò senza di te , io prego

il sommo Iddio, se non ci riserba alcun luogo ov'io

possa riunirmi teco per sempre , lo prego dalle viscere

dell' anima mia , e in questa tremenda ora

della morte , perché egli m' abbandoni soltanto nel

nulla. Ma io moro incontaminato, e padrone di me

stesso , e pieno di te , e certo del tuo pianto ! Perdonami ,

Teresa , se mai — ah ! consolati , e vivi

per la felicità de' nostri miseri genitori ; la tua

morte farebbe maledire le mie ceneri.

Che se taluno ardisse incolparti del mio infelice

destino, confondilo con questo mio giuramento

solenne ch' io pronunzio gittandomi nella notte

della morte : Teresa é innocente. — Ora tu accogli

l' anima mia.
George
2017-03-08 15:04:25 UTC
Se cerchi consigli e tecniche per riuscire a rimorchiare una ragazza ti consiglio di seguire questo metodo http://TaoDelSeduttore.latis.info/?8Ob5

Al supermercato, in discoteca, al bar, per strada o all’università: ovunque ci può capitare di adocchiare una ragazza che ci piace, che attira immediatamente la nostra attenzione e non sapere come rimorchiarla.
Alfz
2008-06-10 05:47:41 UTC
Cita anche il collegamento che fece Foscolo con il poeta tedesco Goethe. Da lui egli prese il nocciolo della lettura del jacopo ortis.

Il brano a cui mi riferisco è "I dolori del giovane Werther".
Gertru
2008-06-10 05:00:11 UTC
Ciao! Prova a dare un'occhiata qui, dovrebbero esserci tutte le lettere!



http://www.liberliber.it/biblioteca/f/foscolo/ultime_lettere_di_jacopo_ortis/html/index.htm



http://digilander.libero.it/bepi/ultime/ultime.html
2008-06-11 04:27:14 UTC
Il ragazzo, che dormiva nella camera contigua all'appartamento di Iacopo, fu scosso come da un lungo gemito: tese l'orecchio per sincerarsi s'ei lo chiamava; aprì la finestra sospettando ch'io avessi gridato all'uscio, da che stava avvertito ch'io sarei tornato sul far del dì; ma chiaritosi che tutto era quiete e la notte ancor fitta, tornò a coricarsi e si addormentò. Mi disse poi che quel gemito gli aveva fatto paura: ma che non vi badò più che tanto perché il suo padrone soleva alle volte smaniare fra il sonno.

La mattina, Michele dopo aver bussato e chiamato un pezzo alla porta, sconficcò il chiavistello; e non udendosi rispondere nella prima camera, s'innoltrò perplesso; e al chiarore della lucerna che ardeva tuttavia, gli si affacciò Iacopo agonizzante nel proprio sangue. Spalancò le finestre chiamando gente, e perché nessuno accorreva, s'affrettò a casa del chirurgo, ma non lo trovò perché assisteva a un moribondo; corse al parroco, ed anch'esso era fuori per lo stesso motivo. Entrò ansante nel giardino di casa T*** mentre Teresa scendeva per uscire di casa con suo marito, il quale appunto dicevale come dianzi avea risaputo che in quella notte Iacopo non era altrimenti partito; ed ella sperò di potergli dire addio un'altra volta: e scorgendo il servo da lontano voltò il viso verso il cancello donde Iacopo soleva sempre venire, e con una mano si sgombrò il velo che cadevale sulla fronte, e rimirava intentamente, costretta da dolorosa impazienza di accertarsi s'ei pur veniva: e le si accostò a un tratto Michele domandando aiuto, perché il suo padrone s'era ferito, e che non gli parea ancora morto: ed essa ascoltavalo immobile con le pupille fitte sempre verso il cancello: poi senza mandare lagrima né parola, cascò tramortita fra le braccia di Odoardo.

Il signore T*** accorse sperando di salvare la vita del suo misero amico. Lo trovò steso sopra un sofà con tutta quasi la faccia nascosta fra' cuscini: immobile, se non che ad ora ad ora anelava. S'era piantato un puguale sotto la mammella sinistra ma se l'era cavato dalla ferita, e gli era caduto a terra. Il suo abito nero e il fazzoletto da collo stavano gittati sopra una sedia vicina. Era vestito del gilè, de' calzoni lunghi e degli stivali; e cinto d'una fascia larghissima di seta di cui un capo pendeva insanguinato, perché forse morendo tentò di svolgersela dal corpo. Il signore T*** gli sollevava lievemente dal petto la camicia, che tutta inzuppata di sangue gli si era rappressa su la ferita. Iacopo si risentì; e sollevò il viso verso di lui; e riguardandolo con gli occhi nuotanti nella morte, stese un braccio, come per impedirlo, e tentava con l'altro di stringergli la mano -- ma ricascando con la testa su i guanciali, alzò gli occhi al cielo, e spirò.

La ferita era assai larga, e profonda; e sebbene non avesse colpito il cuore, egli si affrettò la morte lasciando perdere il sangue che andava a rivi per la stanza. Gli pendeva dal collo il ritratto di Teresa tutto nero di sangue, se non che era alquanto polito nel mezzo; e le labbra insanguinate di Iacopo fanno congetturare ch'ei nell'agonia baciasse la immagine della sua amica. Stava su lo scrittoio la Bibbia chiusa, e sovr'essa l'oriuolo; e presso, vari fogli bianchi; in uno de' quali era scritto: Mia cara madre: e da poche linee cassate, appena si potea rilevare, espiazione; e più sotto; di pianto eterno. In un altro foglio si leggeva soltanto l'indirizzo a sua madre, come se pentitosi della prima lettera ne avesse incominciata un'altra che non gli bastò il cuore di continuare.

Appena io giunsi da Padova ove m'era convenuto indugiare più ch'io non voleva, fui sopraffatto dalla calca de' contadini che s'affollavano muti sotto i portici del cortile; ed altri mi guardavano attoniti, e taluno mi pregava che non salissi. Balzai tremando nella stanza, e mi s'appresentò il padre di Teresa gettato disperatamente sopra il cadavere; e Michele ginocchione con la faccia per terra. Non so come ebbi tanta forza d'avvicinarmi e di porgli una mano sul cuore presso la ferita; era morto, freddo. Mi mancava il pianto e la voce; ed io stava guardando stupidamente quel sangue: finché venne il parroco e subito dopo il chirurgo, i quali con alcuni famigliari ci strapparono a forza dal fiero spettacolo. Teresa visse in tutti que' giorni fra il lutto de' suoi in un mortale silenzio. -- La notte mi strascinai dietro al cadavere che da tre lavoratori fu sotterrato sul monte de' pini.





se ti serve la parte precedente vai su questo sito

http://digilander.libero.it/il_foscolo/foscolo_ultime_lettere_di_jacopo_ortis.html
robsmith
2008-06-10 04:46:45 UTC
boh...

secondo me è l'ultima.

"l'ultima lettera di iacopo ortis"



si si

suona bene
vavynap92
2008-06-10 04:47:19 UTC
Ultime lettere di Jacopo Ortis



Le Ultime lettere di Jacopo Ortis è un romanzo epistolare di Niccolò Ugo Foscolo in cui sono raccolte le lettere che Jacopo avrebbe mandato all'amico Lorenzo Alderani che, dopo la morte dell'amico avvenuta per suicidio, le avrebbe date alla stampa corredandole di una presentazione e di una conclusione.



L'idea dell'opera risale al 1796 quando il Foscolo, nel suo Piano di studi dove tentava di dare una sistemazione organica alla sua cultura, nominava un romanzo dal titolo "Laura, lettere" che si ispirava al suo amore per Isabella Teotochi Albrizzi.

Il primo Ortis vide l'inizio della pubblicazione a Bologna nel 1798 ma venne interrotto a causa della guerra contro gli Austro-russi alla quale il Foscolo partecipò. L'editore volle che l'opera venisse completata e la affidò ad un certo Angelo Sassoli facendola poi pubblicare nel 1799 cambiando il titolo con "Vera storia di due amanti infelici" e modificandone alcune parti sia per farla accettare al grosso pubblico, sia per evitare il sequestro della censura.



Nel 1801 il Foscolo, dopo aver sconfessato l'edizione del Sassoli, riprese l'opera e la pubblicò a Milano.

In seguito il romanzo veniva stampato prima a Zurigo nel 1816 con l'aggiunta di una lettera polemica contro Napoleone, alcune modifiche più che altro di forma e una interessante "Notizia bibliografica" e in seguito a Londra nel 1817.



Il romanzo si ispira alla doppia delusione avuta dal Foscolo nell'amore per Isabella Roncioni che gli fu impossibile sposare e per la patria, ceduta da Napoleone all'Austria in seguito al Trattato di Campoformio.

Il romanzo ha, quindi, chiari riferimenti autobiografici. Nella forma e nei contenuti è molto simile a I dolori del giovane Werther di Goethe; per questo motivo alcuni critici hanno addirittura definito il romanzo una brutta imitazione del Werther.



Trama:



Jacopo Ortis, il cui nome è nelle liste di proscrizione, dopo aver assistito al sacrificio della sua patria si ritira, triste e inconsolabile, sui colli Euganei dove vive in solitudine e scrivendo al suo amico, trattenendosi a volte con il curato, con il medico e con altre persone buone e leggendo ad essi e ai contadini che si affollano intorno a lui le "Vite" di Plutarco.

Jacopo conosce il signor T. che è il padre di Teresa, Odoardo, che è il promesso sposo della figlia, e poi Teresa e la sua piccola sorella Isabellina e ne comincia a frequentare la casa. È questa, per Jacopo, che è sempre tormentato dal pensiero della sua patria schiava e infelice, una delle poche consolazioni.

Un giorno di festa aiuta i contadini a trapiantare i pini sul monte, commosso e pieno di malinconia, un altro giorno con Teresa e i suoi visita il sepolcro del Petrarca ad Arquà. I giorni trascorrono e Jacopo sente che il suo amore impossibile per Teresa diventa sempre più grande.

Jacopo viene a sapere dalla stessa Teresa che essa è infelice perché non ama Odoardo al quale il padre l'ha promessa in sposa per calcolo, nonostante l'opposizione della madre che ha perciò abbandonato la famiglia.

Ai primi di dicembre Jacopo si reca a Padova, dove si è riaperta l'Università. Conosce le dame del bel mondo, trova i falsi amici, s'annoia, si tormenta e, dopo due mesi, ritorna da Teresa.

Odoardo è partito ed egli riprende i dolci colloqui con Teresa e sente che solo lei, se lo potesse sposare, potrebbe dargli la felicità. Ma il destino ha scritto: "l'uomo sarà infelice" e questo Jacopo ripete tracciando la storia di Lauretta, una fanciulla infelice, nelle cui braccia è morto il fidanzato ed i suoi sono dovuti fuggire dalla patria.

I giorni passano nella contemplazione degli spettacoli della natura e nell'amore per Jacopo e Teresa si baceranno per la prima volta in tutto il romanzo. Sente che lontano da lei è come essere in una tomba ed invoca l'aiuto della divinità. Si ammala e, al padre di Teresa che lo va a trovare, rivela il suo amore per la figlia.

Appena può lasciare il letto scrive una lettera d'addio a Teresa e parte. Si reca a Ferrara, Bologna, Firenze, Milano, portandosi sempre dietro l'immagine di Teresa e sentendosi sempre più infelice e disperato.

Vorrebbe fare qualcosa per la sua infelice patria ma il Parini, con il quale ha un ardente colloquio, lo dissuade da inutili atti d'audacia.

Inquieto e senza pace decide di andare in Francia ma, arrivato a Nizza, si pente e ritorna indietro.

Quando viene a sapere che Teresa si è sposata sente che per lui la vita non ha più senso. Ritorna ai colli Euganei per rivedere Teresa, va a Venezia per riabbracciare la madre, poi ancora ai colli e qui, dopo aver scritto una lettera a Teresa e l'ultima all'amico Lorenzo Alderani, si uccide, piantandosi un pugnale nel cuore.


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